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VINI NATURALI |
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La definizione di “vini naturali” è soggetta a varie interpretazioni, anche discordi, e a punti di vista determinati soprattutto dal loro grado di radicalità. Per capire questa definizione può aiutarci partire proprio dalla visione più rigorosa, secondo la quale un vino naturale è ottenuto da una viticoltura senza alcuna sostanza chimica di sintesi, e da una vinificazione priva di qualsiasi additivo enologico, solfiti inclusi.
Così concepito, il vino naturale è libero da qualunque residuo di fitofarmaci artificiali e la sua produzione avviene tramite le sole fermentazioni spontanee (alcolica e malolattica) ed eventualmente la macerazione, seguite da un affinamento. In pratica solo uva sana e indenne da residui, pigiata o pressata, resa dunque mosto, che viene lasciata trasformarsi in vino senza l’intervento di alcun prodotto, ma grazie a meri processi fisici (quali ad esempio la scelta del contenitore, il controllo della temperatura senza forzature estreme, o azioni manuali come le follature, i rimontaggi, il bâtonnage, la svinatura). Insomma: nessun prodotto aggiunto.
Alcuni addetti ai lavori ritengono questa visione troppo drastica e ammettono procedimenti più permissivi, autorizzando in particolare l’utilizzo di modesti quantitativi di solfiti (10 o 20 mg/l).
Il vino biologico
Il punto di partenza ovvio e indispensabile per un vino naturale è l’agricoltura biologica (sia essa certificata o de facto), ossia condotta senza sostanze chimiche di sintesi (fertilizzanti, anticrittogamici, insetticidi, ecc.). Ma il vino biologico, così come lo ha definito l’Unione Europea tra il 1991 e il 2012, non è in sé un vino naturale. Il bio esclude infatti in vigna i prodotti di sintesi, ma consente una vinificazione coadiuvata da vari prodotti enologici impiegati anche dall’industria del vino cosiddetto “convenzionale”: lieviti esogeni selezionati, enzimi, batteri lattici, sostanze chiarificanti, anidride solforosa, acidificanti e deacidificanti, ecc. Peraltro il biologico permette l’impiego di solfiti in proporzioni non molto inferiori da quelle del convenzionale (100 e 150 mg/l rispettivamente per i rossi e i bianchi, contro 150 e 200 mg/l).
Il vino biodinamico
Rappresenta un ulteriore passo sostanziale verso la naturalità, per due motivi. Il primo è che la pratica biodinamica (che non è certificata pubblicamente ma da enti privati) restringe di molto le sostanze e le pratiche ammesse in vinificazione (chiarificanti naturali, zuccheri esogeni, microfiltrazione tangenziale, solfiti – comunque in dosi ridotte, 70 e 90 mg/l).
Il secondo motivo riguarda l’approccio biodinamico in sé, che verte ad attivare la capacità della vite di trarre beneficio dalle forze e dalle qualità naturali già presenti in natura (energie cosmiche, luce, calore, ecc.), con un atteggiamento afferente a pratiche quali l’omeopatia o l’aromaterapia, ai cicli lunari, ecc. La biodinamica sposa una visione olistica del cosmo e dell’azienda agricola che vi è contenuta. Questa visione esige dunque un maggior coinvolgimento e molta perizia da parte del viticoltore, che non demanda la risoluzione dei problemi agricoli a sole ricette fitoterapiche, ma punta innanzitutto a comprendere il terroir e le condizioni del suo vigneto.
Perché naturale
Bere vini naturali è dunque una duplice scelta.
Innanzi tutto è un’opzione ecologica a pieno titolo, perché l’agricoltura biologica e biodinamica, basi della naturalità, rispettano l’ambiente e i suoi equilibri di flora e fauna, nonché l’integrità e la vitalità del suolo.
In secondo luogo perché è una scelta salutare: un vino naturale è più digeribile e assai meno pesante per l’organismo (non dimentichiamo che l’alcol, in qualunque quantità, ha un certo grado di tossicità).
Soprattutto però un vino naturale ben fatto – ossia prodotto con competenza oltre che passione – è più buono: più libero espressivamente, più vario e cangiante di annata in annata, di luogo in luogo, perché non è sottoposto a sostanze né pratiche enologiche livellanti e standardizzanti. Di conseguenza riflette in modo più diretto e da più vicino il potenziale qualitativo e l’originalità organolettica che il terroir regala alla bevanda più straordinaria del pianeta.
Prosit! |
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