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Dopo alcuni anni trascorsi nel nord Italia, nel 2000 Pasquale Polifroni è tornato alla Calabria nativa con l’idea di dedicarsi a un’agricoltura di collina, incentrata sulla coltivazione di mirtilli e more, che alle pendici dell’Aspromonte trovano un habitat particolarmente propizio. Lo stesso ecosistema che ben si presta anche alla viticoltura, come testimoniano diversi reperti archeologici. La scelta delle varietà ampelografiche è avvenuta in perfetta sintonia con la vocazione autoctona del territorio: Magliocco, Mantonico, Greco nero su tutti. In un territorio così favorevole sul piano geologico e climatico la scelta dell’agricoltura biologica è stata naturale e quasi scontata, ma Pasquale l’ha portata avanti con estremo rigore e coerenza anche quando, nel 2015, ha deciso di affiancare la viticoltura alla coltivazione dei frutti di bosco. In vigna dunque né chimica di sintesi né diserbanti, ma l’opzione del sovescio come strumento di rigenerazione naturale del suolo.
La vinificazione avviene senza misteri né segreti, semplicemente affidandosi a un’ottima materia prima di partenza, matura e sana, che non richieda correzioni enologiche particolari. Dopo una raccolta accuratissima, la fermentazione è affidata ai lieviti indigeni. Anche la malolattica si svolge in modo spontaneo. I vini, elaborati in acciaio inox o in anfora, non sono né chiarificati forzosamente né filtrati, e l’anidride solforosa è impiegata con grande parsimonia. Il risultato sono vini di estrema precisione espressiva, nonostante una spontaneità verace e una stilistica molto autentica.
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