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Michèle Aubéry-Laurent è la memoria proiettata nel futuro. Memoria di un lungo lavoro iniziato nel 1978 insieme al marito Philippe Laurent, di cui, dopo la tragica scomparsa nel 1999, ha raccolto da sola l’eredità vignaiola, e conservato il cognome. Futuro perché quest’opera non è nostalgia, ma fervida creazione, anno dopo anno, di vini compiutamente naturali, riflesso del miracolo della natura che si perpetua. Il domaine Gramenon consta di 26 ettari di viti piantate sulla riva sinistra del medio corso del Rodano, a nord di Orange, principalmente sul territorio di Montbrison-sur-Lez, e in parte sull’altopiano di Valréas. Il vigneto è dominato per due terzi dal Grenache, e include vecchissime viti (fino a 120 anni!) che producono la cuvée “La Mémé” (“la nonna”). Il resto sono Syrah, Viognier, Clairette e Cinsault. In campagna, solo rame, zolfo e preparati biodinamici contro le malattie: l’azienda è certificata biologica e biodinamica (Demeter). Lavoro manuale (sarchiatura, scacchiatura, zappatura...) e rese molto contenute completano l’opera.
Il lavoro in cantina è di assoluta continuità e coerenza con l’approccio viticolo. La raccolta è manuale e in vigna si opera una cernita severa delle uve. Le fermentazioni sono affidate ai soli lieviti indigeni, e si svolgono senza aggiunta di solfiti. A seconda delle annate, l’affinamento avviene in vasca o in barrique (mai nuove). Prima dell’imbottigliamento, viene aggiunta una piccola quantità di solforosa, ma i vini non sono né chiarificati, né filtrati. Il risultato sono rossi meridionali più imperniati sulla luminosità che sulla ricerca di concentrazione, in sintonia con la grande sensibilità di Michèle e di suo figlio Maxime-François, che l’affianca dal 2006.
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